Pina
Eramo, presidente ANABIO: "discutiamo per
definire soluzioni concrete"
Il
mondo biologico italiano è di nuovo in fermento
E’ strano che l’agitazione scaturisca da quel
(poco) che si fa e nello specifico dal documento
del MIPAF inerente il Piano d’Azione Europeo per
l’agricoltura biologica che, se è vero che ha
dei limiti, è pur vero che finalmente l’Italia,
a due mesi dal termine della Presidenza di turno
dell’Unione, “batte un colpo” dimostrando di
esserci anche per l’agricoltura biologica.
A
mio parere comincia ad essere molto più
ridondante il silenzio permanente intorno a tutte
le cose che non si fanno per il biologico
italiano.
Ci
limitiamo ad indicarne solo alcune:
1. Il Comitato Nazionale per l’agricoltura
biologica ed ecocompatibile costituisce forse
il cuore del problema perché non si convoca
neanche più da quando ci si è resi conto che
l’assenza continua del Presidente (e cioè di
quella figura che collega il dibattito del
Comitato con il Ministro e con
l’Amministrazione), lo ha svuotato di qualunque
ruolo. Eppure i componenti (tutto il mondo del
biologico italiano) non trovano interessante
(forse perché non visibile dal punto di vista
mediatico) una iniziativa comune capace di
rivendicarne il ruolo e l’efficacia.
2.
La Legge Delega per la riforma del 220/95 scade
il prossimo 5 marzo. Opinioni e confronti al
riguardo non è dato conoscere; ANABIO ha
sostenuto la necessità di semplificare il
sistema, di istituire l’albo dei tecnici
ispettori, di assicurare uniformità e trasparenza
degli O.d.C., di trovare forme innovative di
controllo per le piccole aziende, di
informatizzare le procedure (in un settore che si
giudica fra i più avanzati in agricoltura le
notifiche si compilano a mano, in triplice copia,
con carta carbone). A chi giova non dibattere di
queste cose?
3.
Il Piano d’Azione Italiano per
l’agricoltura biologica: mentre i grandi
colossi agricoli europei (Francia, Germania,
Spagna, Belgio) si organizzano per sostenere lo
sviluppo del biologico dei rispettivi Paesi (le
cui produzioni trovano interessanti sbocchi sul
mercato italiano) in Italia i rappresentanti del
settore sembrano essere in tutt’altre faccende
affaccendati, incapaci di fare squadra e di
guardare al settore in generale più che agli
interessi particolari.
4.
La riforma della PAC: si sono alzate voci
tonanti per il danno che ne riceve il biologico;
adesso che si stilano i documenti attuativi pare
sceso il silenzio e i biologici non trovano la
capacità di levare una voce unica che rivendichi
coerenza politica e priorità di finanziamenti per
il biologico italiano.
5.E
infine gli OGM e la direttiva sulla coesistenza:
nonostante in Europa si siano sollevate una
miriade di voci contro, la direttiva è stata
varata. Oggi non sarebbe più utile al biologico
europeo discutere
concretamente su come salvare dall’inquinamento
da OGM l’agricoltura biologica e come
rivendicare un’attuazione in Italia che
salvaguardi effettivamente le colture e le aziende
biologiche, come e dove reperire gli investimenti
adeguati per finanziare un piano straordinario per
le sementi ed i mangimi?
In
conclusione si rafforza il sospetto che questo
mondo italiano del biologico sia fatto di persone
che si occupano più volentieri, in nome di una
visibilità che sembra fagocitare ormai tutto, di
piccole cose e non di quelle rilevanti che
interessano il futuro di importanti realtà
economiche del mondo biologico italiano.
La coerenza non va più di moda da molto tempo
ormai ma resta, a mio parere, una virtù ancora
molto apprezzata che dovrebbe essere annoverata
tra i principi fondanti del biologico.
Pina
Eramo
Presidente ANABIO
Novembre
2003
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