Archivio news 2003 
   
 
 
 

 

 Pina Eramo, presidente ANABIO: "discutiamo per definire soluzioni concrete"

Il mondo biologico italiano è di nuovo in fermento
E’ strano che l’agitazione scaturisca da quel (poco) che si fa e nello specifico dal documento del MIPAF inerente il Piano d’Azione Europeo per l’agricoltura biologica che, se è vero che ha dei limiti, è pur vero che finalmente l’Italia, a due mesi dal termine della Presidenza di turno dell’Unione, “batte un colpo” dimostrando di esserci anche per l’agricoltura biologica.

A mio parere comincia ad essere molto più ridondante il silenzio permanente intorno a tutte le cose che non si fanno per il biologico italiano.

Ci limitiamo ad indicarne solo alcune:
1. Il Comitato Nazionale per l’agricoltura biologica ed ecocompatibile costituisce forse il cuore del problema perché non si convoca neanche più da quando ci si è resi conto che l’assenza continua del Presidente (e cioè di quella figura che collega il dibattito del Comitato con il Ministro e con l’Amministrazione), lo ha svuotato di qualunque ruolo. Eppure i componenti (tutto il mondo del biologico italiano) non trovano interessante (forse perché non visibile dal punto di vista mediatico) una iniziativa comune capace di rivendicarne il ruolo e l’efficacia.

2. La Legge Delega per la riforma del 220/95 scade il prossimo 5 marzo. Opinioni e confronti al riguardo non è dato conoscere; ANABIO ha sostenuto la necessità di semplificare il sistema, di istituire l’albo dei tecnici ispettori, di assicurare uniformità e trasparenza degli O.d.C., di trovare forme innovative di controllo per le piccole aziende, di informatizzare le procedure (in un settore che si giudica fra i più avanzati in agricoltura le notifiche si compilano a mano, in triplice copia, con carta carbone). A chi giova non dibattere di queste cose?

3. Il Piano d’Azione Italiano per l’agricoltura biologica: mentre i grandi colossi agricoli europei (Francia, Germania, Spagna, Belgio) si organizzano per sostenere lo sviluppo del biologico dei rispettivi Paesi (le cui produzioni trovano interessanti sbocchi sul mercato italiano) in Italia i rappresentanti del settore sembrano essere in tutt’altre faccende affaccendati, incapaci di fare squadra e di guardare al settore in generale più che agli interessi particolari.

4. La riforma della PAC: si sono alzate voci tonanti per il danno che ne riceve il biologico; adesso che si stilano i documenti attuativi pare sceso il silenzio e i biologici non trovano la capacità di levare una voce unica che rivendichi coerenza politica e priorità di finanziamenti per il biologico italiano.

5.E infine gli OGM e la direttiva sulla coesistenza: nonostante in Europa si siano sollevate una miriade di voci contro, la direttiva è stata varata. Oggi non sarebbe più utile al biologico europeo discutere concretamente su come salvare dall’inquinamento da OGM l’agricoltura biologica e come rivendicare un’attuazione in Italia che salvaguardi effettivamente le colture e le aziende biologiche, come e dove reperire gli investimenti adeguati per finanziare un piano straordinario per le sementi ed i mangimi?

In conclusione si rafforza il sospetto che questo mondo italiano del biologico sia fatto di persone che si occupano più volentieri, in nome di una visibilità che sembra fagocitare ormai tutto, di piccole cose e non di quelle rilevanti che interessano il futuro di importanti realtà economiche del mondo biologico italiano.
La coerenza non va più di moda da molto tempo ormai ma resta, a mio parere, una virtù ancora molto apprezzata che dovrebbe essere annoverata tra i principi fondanti del biologico.

Pina Eramo
Presidente ANABIO

                                                                                                                                                 
Novembre 2003


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